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Misure simultanee e campionamenti su litorale e in mare: è il progetto portato avanti da un team di ingegneri, ecologi, biologi e geologi di tre dipartimenti dell’Università di Bologna, coordinati dalla prof.ssa Renata Archetti


Riccione è il sito di studio di due importanti progetti di ricerca dell'Alma Mater: STIMARE(Strategie Innovative per il Monitoraggio e Analisi del Rischio Erosione) finanziato dal MATTM, e TAO (Tecnologie per il monitoraggio costiero), finanziato dal POR-FESR 2014-2020.

Si tratta di ricerche che mirano a sperimentare tecniche nuove, meno convenzionali e a basso costo rispetto a quelle tradizionali, per il monitoraggio e la gestione della fascia costiera, temi che il Comune di Riccione condivide da tempo.


"L’interdisciplinarietà negli studi dello stato del mare e della sua risposta locale anche in riferimento agli attesi cambiamenti climatici è un aspetto fondamentale per considerare la complessità dei fenomeni negli ambienti marini. - afferma la prof.ssa Renata Archetti. - Il monitoraggio e la modellazione del mare e della dinamica delle spiagge sono passi necessari per una corretta e integrata gestione della fascia costiera, tanto importante in Romagna per gli usi turistici ma anche per la difesa dell’entroterra dagli allagamenti.

Si stima che entro il 2100 il livello del mare potrebbe innalzarsi di 60 centimetri o addirittura un metro: questo significherebbe perdere circa 5500 chilometri quadrati di territorio italiano, compreso anche il litorale romagnolo"





Dalla Riviera romagnola ai litorali pugliesi con droni e videocamere per combattere l'erosione costiera. Lo prevede il progetto Stimare (Strategie Innovative per Monitoraggio e Analisi del Rischio Erosione), coordinato dall'Università di Bologna (professoressa Renata Archetti), realizzato insieme al Politecnico di Bari e finanziato dal ministero dell'Ambiente. L'attività dell'uomo lungo le coste - l'alterazione dei bacini fluviali e del paesaggio, l'estrazione di acqua e idrocarburi dal sottosuolo - finisce inevitabilmente per accelerare i processi di erosione costiera, spiega l'Università di Bologna aggiungendo che allo stesso tempo, i cambiamenti climatici provocano mareggiate sempre più intense e distruttive, l'aumento del livello medio del mare e di conseguenza il progressivo arretramento delle coste.


Per contrastare questo fenomeno, nel corso dei prossimi due anni ingegneri costieri e meccanici, geologi, ecologi, geomatici e urbanisti saranno al lavoro allo scopo di realizzare strategie di protezione e gestione degli spazi costieri. "Un obiettivo ambizioso che i ricercatori contano di raggiungere con attività di monitoraggio innovative di alcuni siti pilota sul litorale adriatico e l'applicazione di modelli di previsione del rischio di erosione".







Al largo delle coste della Sicilia orientale, d'improvviso un terremoto scuote il mare. Poco più tardi una grande onda si alza dalla superficie e prende a viaggiare veloce verso riva. Cosa succederebbe se il Mediterraneo fosse colpito da uno tsunami? È la domanda a cui ha provato a dare risposta un gruppo di ricercatori delle università di Bologna e di Salonicco mettendo a punto un modello in grado di simulare l'impatto di onde di maremoto generate da terremoti nel Mediterraneo orientale. Lo studio - da poco pubblicato su Ocean Science, rivista open access della European Geosciences Union (EGU) - mostra la dinamica di onde di tsunami nel Mediterraneo, arrivando a simulare l’inondazione di alcune zone costiere in Italia meridionale e nell’Isola di Creta, in Grecia. Il team di ricerca è composto dalla prof. Renata Archetti del DICAM, dal dott. Achilleas Samaras del CIRI Edilizia e Costruzioni, unità fluidodinamica, e dal prof. Theophanis Karambas del Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università di Salonicco.

Anche se meno frequenti di quelli che nascono nel Pacifico e nell'Oceano Indiano, gli tsunami si verificano anche nel Mediterraneo: sono circa il 10% degli tsunami nel mondo, con in media uno tsunami di rilevanti dimensioni una volta al secolo. Eventi relativamente rari, che rappresentano però un rischio per le zone costiere a causa dell'alta densità abitativa (circa 130 milioni di persone vivono lungo le coste del Mediterraneo). Inoltre, le onde di tsunami nel Mediterraneo devono coprire una distanza molto più breve rispetto a quelle oceaniche prima di raggiungere la costa e questo rende più difficile avvertire per tempo le popolazioni e organizzare evacuazioni.


La simulazione del team di ricerca ha preso in considerazione onde di tsunami generate da terremoti di magnitudo 7.0 al largo delle coste della Sicilia orientale e delle coste meridionali dell'Isola di Creta. I risultati mostrano che, in entrambi i casi, gli tsunami arriverebbero ad inondare le aree costiere esaminate fino ad un'altitudine di circa 5 metri sul livello del mare. Gli effetti sarebbero più gravi a Creta, dove finirebbero sommersi dall'acqua circa 3,5 chilometri quadrati di territorio. "Queste simulazioni - conclude la professoressa Renata Archetti del Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali (DICAM) dell’Alma Mater - possono essere utilizzate per aiutare le autorità pubbliche e i responsabili politici nella creazione di un database completo dei possibili scenari di tsunami nel Mediterraneo, identificando le regioni costiere più a rischio e pianificando di conseguenza le possibili azioni di difesa".



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